La ballata di Buster Scruggs

Sei storie della frontiera americana: drammatiche, divertenti, tragiche, nere, di speranza e disperazione; una più deliziosa dell’altra. Da quei narratori sopraffini dei fratelli Coen.

Una risposta a "La ballata di Buster Scruggs"

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  1. Fino agli anni 70 inclusi, in ogni parte del mondo c’erano sempre almeno 2 film western in cartellone: uno americano e uno “autoctono.” Poi la morte di John Wayne in America e la scoperta di nuovi filoni in tutti gli altri paesi decretarono il declino inesorabile del genere, che tutt’oggi può contare su un pubblico molto ristretto: la maggior parte degli spettatori i western non li guarda per principio.
    Tuttavia, negli ultimi anni questo genere ci ha regalato alcuni titoli davvero sensazionali: Django Unchained, The Hateful Eight, Sweetwater, Jane got a gun, Hostiles – Ostili, Woman Walks Ahead, Nella valle della violenza, Lo straniero della valle oscura… certo, ci sono stati anche dei western di indescrivibile bruttezza (The Homesman e Un milione di modi per morire nel West), ma se qualche anno fa ci avessero detto che di lì a poco sarebbero usciti almeno 10 western ad alto budget ci saremmo fatti una colossale risata.
    Buona parte del merito di questa rinascita del western va, oltre che a Tarantino, proprio ai fratelli Coen: infatti furono loro ad avviarla nell’ormai lontano 2011, quando il loro remake de Il Grinta ebbe uno straordinario successo di pubblico (era costato 38 milioni e ne incassò 252).
    Adesso hanno concesso il bis: la mia sensazione è che si tratti di un film molto meno suggestivo rispetto al loro western precedente, ma lo guarderò di sicuro, se non altro come forma di gratitudine per aver resuscitato un genere che amo moltissimo e che perfino un appassionato come me dava ormai per morto.

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